Come stavo appunto dicendo, io e Bruna siamo finalmente riusciti a fare questo viaggio in capo al mondo. “A Valdagno!” direbbe mio nonno, che non aveva grandi cognizioni di geografia. “No, nonno,” risponderei io con inesauribile dolcezza, “in Cina. Catai, Mangi, il Paese di Mezzo. Vagamente più lontano.”

Scarso di inventiva, avevo adottato come principale guida turistica il Milione del dott. Marco Polo, rivelatosi sfortunatamente di gran lunga sopravvalutato ed inadatto a fornire consigli realmente utili. Gli alberghi citati, per esempio, lasciavano talvolta a desiderare e mi è risultato assolutamente impossibile comprare un fagiano per soli tre talleri veneziani presso il ponte sul fiume Giallo, non c’è stato verso di scendere sotto i quattro talleri e mezzo. Inoltre il prof. Polo dimentica di citare diverse bizzarrie della cultura, delle tradizioni e finanche delle città cinesi dove afferma di aver vissuto, e questo ci ha causato parecchie sorprese e non pochi problemi, fortunatamente tutti risolti – altrimenti non sarei qui a raccontarvela.

Ad esempio, il rag. Polo non affronta assolutamente il problema della preparazione delle valigie per il viaggio. Non lo nomina neanche, mentre per me è stato fonte di grandi ambasce. Temevo che come al solito avremmo finito di preparare i bagagli alle due e mezzo della notte precedente la partenza, ma purtroppo mi sbagliavo. Quella è stata più o meno l’ora in cui abbiamo cominciato a farli. Abbiamo terminato verso le sei, sei e mezza, ora che curiosamente coincideva con quella della partenza, stremati dal sonno, e quasi sicuramente questo è il motivo per cui poi mi sono trovato novemila chilometri più in là a chiedermi come mai nella mia valigia ci fossero un paio di calzini tirolesi di lana alti fino al ginocchio ed un singolo, misero calzino spaiato di cotone.

Parlando di Hangzhou, poi, la prima tappa del nostro breve viaggio, l’avv. Polo si dilunga sulle sue bellezze ma evita accuratamente di citare la selva di grattacieli più o meno orribili che le conferiscono quell’aria alienante tipica delle metropoli cinesi, inspiegabilmente glissa persino sull’ufficio di cambio valute dell’aeroporto, il più lento del mondo in quanto affidato ad una banda di stagiste minorenni sottopagate che lavorano con una copia piratata di windows millenium, impiegando per ogni transazione il doppio del tempo che ci avrebbe messo un funzionario del Khan ad andare a cavallo in Europa a cambiare i soldi.

In compenso, se non ricordo male, l’illustrissimo cav. Polo non nomina neppure il meraviglioso Lago Occidentale, affascinante gioiello naturale presso cui passeggiare cercando di sfuggire – invano – alla soffocante calura di un’estate eccezionale. Difficile descriverne il fascino, celebrato nei miti e nelle poesie cinesi, impossibile non apprezzarne la bellezza in contrasto con la frenesia della metropoli che si arresta quasi rispettosa sulle sue sponde orientali. Poco lontano dal lago io e Bruna ci siamo accampati in un ostello grande e ben organizzato, da cui partire all’alba per visitare i dintorni e in cui rientrare non appena il sole si faceva implacabile. Per distrarci, in quei primi pomeriggi bollenti, davamo la caccia alle rapidissime blatte che sgusciavano dallo scarico della doccia e correvano per la stanza. Terminate le blatte senza che il caldo accennasse ad allentare la propria morsa e rivelatesi inutili anche le piogge artificiali provocate a cannonate, sfiniti dall’arsura abbiamo a malincuore deciso di abbandonare Hangzhou con buona pace di Marco Polo, stravolgere il nostro programma di viaggio e migrare rapidamente al nord. Destinazione una città di cui fino al giorno prima ignoravamo completamente l’esistenza: Pingyao, Shanxi.

[continua]

Ancora il Lago Occidentale di Hangzhou

Ad Hangzhou riposa anche l'eroe Yue Fei

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